Animalia
Dario Zucchi ha passato molti anni girovagando nei famosi musei d’arte delle grandi città dell’est degli Stati Uniti, particolarmente New York e Washington, DC. Per i suoi studi sui rapporti fra visitatori ed opere d’arte ha esplorato in prevalenza le più importanti collezioni d’arte moderna. Dal 2013, tuttavia, ha scoperto una nuova, fertile fonte d’ispirazione per le sue giustapposizioni fra vita e arte: la mostra Nature’s Best Photography Windland Smith Rice Awards che si tiene annualmente a Washington al Museo di Storia Naturale della Smithsonian Institution. Pur riguardando solo una piccola parte delle opere di Dario Zucchi, le fotografie di animali sono costantemente fra le più apprezzate dal pubblico.
Anche in queste foto, a volte egli sovrappone la testa o la capigliatura di un visitatore all’immagine di un animale, realizzando un sorprendente, illusionistico raffronto fra capelli e peli. Sovente gli occhi e le teste degli animali sono quasi completamente nascosti dalla testa del visitatore. Zucchi realizza queste deliziose immagini usando una varietà di mammiferi: giraffe, canguri,porcospini e alci (figg. 235, 236, 306, e 314). In altri casi si concentra sullo scambio di occhiate fra uomo e animale. Lo sconcertante bagliore degli occhi di un animale fissi su un visitatore dà l’impressione che questo, anche per effetto del suo abbigliamento, a sua volta restituisca l’occhiata. Solo occasionalmente dei volatili partecipano a questa dialettica visiva (fig. 310), mentre gli effetti più sorprendenti sono prodotti da grandi rettili e da anfibi (figg. 239 e 241). L’immagine notturna dello spettatore con un cappuccio blu che affronta lo sguardo di un alligatore, a prima vista può essere scioccante. L’immagine dell’incontro fra una persona e l’enorme ingrandimento degli occhi di una ranocchia, d’altra parte, è delizioso nella sua immediatezza. La dimensione e il colore del berretto del visitatore rendono ancora più piacevole la magistrale composizione dell’artista.
In qualche opera di Zucchi l’abbigliamento dello spettatore si confonde così perfettamente nell’immagine dell’animale fotografato da rendere, a prima vista, molto difficile capire dove uno finisce e l’altro inizia. Solo dopo un attento esame si scopre che la parte posteriore della testa del grande tucano è in realtà il cappuccio nero di una giacca gialla (fig. 237). Sta proprio qui la sorpresa e il piacere che Zucchi cerca di suscitare.