Capelli e teste; gambe e scarpe

Il vocabolario visivo favorito di Dario Zucchi include una grande varietà di accurate capigliature e, al contrario, di lisce, lucide teste calve. Egli trova analogie fra dipinti e capelli  lunghi e corti, ondulati, dritti, ricci, biondi, bruni, neri, con la permanente o a treccia. Zucchi può inserire capelli in immagini che includono capigliature simili (fig. 069), petti villosi (fig. 268), o barbe (fig. 283). Egli è particolarmente attratto dalla combinazione di capelli ondulati o a treccia con l’arte tessile, come nelle persone davanti alle opere di Jay DeFeo (fig. 320) e Sheila Hicks (fig. 426).

Zucchi spesso trova analogie fra capelli lunghi e dritti, per lo più biondi, e dipinti figurativi o fotografie. Le ciocche bionde della donna di fronte alla fotografia di Daisuke Sonobe, diventano la lava fusa  del vulcano (fig. 308). Di fronte a una fotografia di Andy Rouse, i lunghi capelli della donna si uniscono alla luce che filtra attraverso le nubi (fig. 309). In un altro esempio, i biondi capelli della donna accompagnano perfettamente le lunghe, fluenti ciocche in un’opera di Jeff Koons (fig. 339). Una delle sue opere più memorabili presenta una donna di fronte a una grande riproduzione di un dipinto di Roy Lichtenstein (fig. 209). Qui l’artista trova il perfetto accostamento dei capelli biondi della riproduzione con i capelli della donna, al punto di metterne in risalto perfino le radici più scure.

Per Zucchi la calvizie è un’altra area di ricerca dei suoi giocosi  colpi d’occhio. La testa luccicante di un uomo può essere assorbita in un dipinto (fig. 007) oppure eguagliare le figure umane dipinte in un quadro (fig. 483). Uno strano elemento sullo sfondo può diventare un insolito copricapo per una testa calva (figg. 242 e 433). Un esempio notevole nell’opera di Zucchi si ispira ad un’installazione di Wolfgang Laib alla Phillips Collection di Washington, DC (fig. 220). Un uomo calvo è entrato nell’intimo spazio della Wax Room di Laib. Il piccolo vano, rivestito da uno strato di fragrante cera d’api, misura centottanta per duecentodieci centimetri ed è alto tre metri. La fotografia di Zucchi mette in risalto l’occasionale momento, contrapponendo la spoglia, solitaria lampadina che pende dal soffitto al tenue barlume di luce riflesso dalla testa calva dell’uomo.

Avendo presente l’intrinseco problema del punto di vista, le scarpe giocano un ruolo secondario nell’opera di Zucchi. Le scarpe di un visitatore di musei non possono essere facilmente affiancate ad un’opera bidimensionale. In presenza di sculture, tuttavia, il fotogtafo a volte coglie gambe e scarpe in sorprendenti combinazioni. In una delle sue prime fotografie, le gambe di una bimba di cui non si vede il corpo emergono improvvisamente da un bronzo di Arnaldo Pomodoro (fig. 002). Pomodoro stesso, in una nota del 2012, ha espresso il suo apprezzamento per il gioco visivo della composizione. Zucchi usa la stessa strategia con una scultura di Russell Crotty (fig. 013), da cui si ha l’impressione che siano cresciuti dei piedi. Proprio le gambe sono il soggetto di un’insolita opera di Zucchi, che mette a confronto le  gambe lunghe e ben fatte di una donna con un corto gonnellino,  mentre guarda una fotografia di gambe simili alle sue (fig. 252). L’accostamento visivo corrisponde alla sorpresa e al piacere che Zucchi ha provato nella realizzazione di questa fotografia.